Carcinoma alla mammella: terapie a confronto
Il carcinoma mammario, oltre ad essere il più frequente tipo di tumore nelle donne, è anche la prima causa di morte per cancro.
Il numero delle donne interessate è molto alto; basti pensare che nel 2002 questo tipo di tumore è stato diagnosticato a circa 1,15 milioni di donne nel mondo, e circa 410.000 sono morte in seguito alla medesima patologia.
Nei Paesi industrializzati il 75% di tutti i carcinomi mammari colpisce donne in postmenopausa e circa l’80% dei casi risulta positivo per il recettore dell’ormone.
Dal punto di vista terapeutico, fino a poco tempo fa il farmaco antiestrogenico Tamoxifene ( Nolvadex ) rappresentava il trattamento di prima scelta per le donne in menopausa con tumore mammario positivo per il recettore dell’ormone, grazie ai suoi effetti di riduzione della recidiva della malattia e sulla mortalità a 5 anni, in assenza o in presenza di chemioterapia.
Tuttavia, nonostante l’efficacia della terapia a base di Tamoxifene, i tassi di recidiva sono rimasti alti ( circa il 2% per anno a lungo termine ), ed oltre il 30% delle donne va incontro a recidiva entro 15 anni.
Il farmaco inoltre causa, in una piccola percentuale di donne, gravi effetti collaterali tra i quali aumento dell’incidenza di tumore dell’endometrio, tromboembolia ed eventi cerebrovascolari.
Queste osservazioni, unite alla rilevanza del problema, hanno portato ad un proliferare di studi clinici con particolare attenzione al confronto tra il Tamoxifene e gli inibitori dell’aromatasi di terza generazione, che sono apparsi offrire significativi vantaggi in termini di efficacia e sicurezza.
Oggi, gli inibitori dell’aromatasi sono raccomandati come trattamento adiuvante per le pazienti in postmenopausa con carcinoma mammario di stadio iniziale e positivo per i recettori dell’estrogeno.
Tuttavia, molte le domande sugli inibitori dell’aromatasi non avevano risposta: per quanto tempo perdurano gli effetti positivi o negativi dopo l’interruzione del trattamento ? Qual è la durata più appropriata del trattamento ?
Quali sono i benefici del trattamento iniziale con inibitori dell’aromatasi rispetto al trattamento dopo 2 anni con Tamoxifene ?
Lo studio ATAC
Obiettivo dello studio ATAC ( Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination ) è stato quello di confrontare l’efficacia e la sicurezza dell’Anastrozolo ( Arimidex ), un inibitore dell’aromatasi, rispetto al Tamoxifene, per 5 anni, come trattamento adiuvante iniziale nei pazienti in postmenopausa con carcinoma mammario positivo per i recettori dell’estrogeno.
I dati dello studio clinico hanno evidenziato un significativo prolungamento della sopravvivenza libera da malattia e del tempo alla recidiva, legato all’uso di Anastrozolo. Il farmaco inoltre è risultato associato ad una significativa diminuzione degli effetti collaterali gravi in genere conseguenti all’uso del Tamoxifene.
Il periodo di follow-up è stato di 100 mesi.
Questo è il più lungo periodo di osservazione che riguardi studi con inibitori dell’aromatasi.
Da questo studio è emerso che, con Anastrozolo, i benefici in termini di ricaduta della malattia nelle pazienti positive per i recettori ormonali sono maggiori rispetto a quelli osservati con il Tamoxifene, e sono mantenuti anche dopo il termine del trattamento.
La riduzione delle ricaduteche continua nel tempo, rispetto a Tamoxifene, porta a calcolare che le pazienti trattate con Anastrozolo hanno una diminuzione delle ricadute pari al 50% , nel periodo post-trattamento, rispetto alle pazienti non trattate.
I dati relativi alle morti dopo ricaduta hanno mostrato una diminuzione del 9% ( Anastrozolo, n=350; Tamoxifene, n=382 ) e del 10% ( Anastrozolo, n=245; Tamoxifene, n=269 ) nel gruppo totale di pazienti e nel sottogruppo positivo per i recettor i dell’estrogeno, rispettivamente.
Queste differenze però non sono risultate significative a causa del limitato numero di decessi dopo recidiva ed è dunque necessario un periodo osservazionale più lungo per raggiungere l’eventuale significatività.
Per il 2010 è previsto un altro step di analisi; per quella data tutte le pazienti avranno raggiunto o superato i 10 anni dalla data della loro iniziale randomizzazione.
Dallo studio non sono emerse differenze significative sulla sopravvivenza totale; questo potrebbe essere dovuto all’eccesso ( non significativo ) di decessi per altre cause senza ricaduta . Tali decessi infatti forniscono il contributo maggiore al calcolo della sopravvivenza totale. L’ eccesso di morti per cause diverse dal tumore è probabilmente casuale ed in particolare non è stato osservato un incremento di morti per cause cardiovascolari: quest’ultima osservazione costituisce una sorta di rassicurazione rispetto ai dubbi sorti sulla potenziale pericolosità di altri inibitori dell’aromatasi in termini di aumento dell’incidenza di gravi eventi cardiovascolari.
Il profilo di sicurezza per l’Anastrozolo, stabilito dallo studio ATAC con follow-up a 68 mesi, è stato confermato anche dopo il prolungamento del periodo di follow-up a 100 mesi.
Mentre l’effetto dell’Anastrozolo e del Tamoxifene sulla percentuale di ricadute da carcinoma mammario si estende oltre il termine del trattamento, l’aumento dell’incidenza delle fratture, osservate con Anastrozolo, sembra essere limitato al periodo di trattamento attivo e non si protrae oltre il suo completamento.
In particolare il numero di eventi avversi gravi, associati al trattamento, si è mantenuto più basso per l’Anastrozolo, rispetto al Tamoxifene, durante tutto il periodo osservazionale e sono risultati simili dopo il termine del trattamento.
E’ stata osservata una diminuzione del numero dei tumori dell’endometrio con Anastrozolo. Questo risultato potrebbe essere legato ad un effetto protettivo delle più basse concentrazioni di estrogeni o all’aumento dell’incidenza legato al Tamoxifene, o ad entrambe le ragioni.
Il trattamento con Tamoxifene potrebbe anche essere associato ad un aumento del rischio di eventi cerebrovascolari, che sembrano essere comunque limitati al periodo di trattamento.
E’ stata osservata con l’Anastrozolo, rispetto al Tamoxifene, una minore incidenza di vampate di calore, sintomi ginecologici, isterectomie ed eventi venosi tromboembolitici.
In conclusione, lo studio ATAC con un follow-up di 100 mesi, ha fornito ulteriori prove a favore dell’uso per 5 anni dell’Anastrozolo, come trattamento endocrino iniziale per le donne in menopausa con tumore mammario positivo per i recettori dell’estrogeno. ( Xagena_2008 )
Fonte: The Lancet, 2007
Link: MedicinaNews.it
XagenaFarmaci_2008