Farmaci per la prevenzione e il trattamento di COVID-19 e delle sue complicanze


La Commissione COVID-19 dell'Accademia Nazionale dei Lincei ha esaminato le evidenze ad oggi disponibili sull'efficacia e la sicurezza di nuovi farmaci per la prevenzione e il trattamento di COVID-19 e delle sue complicanze, nonché di alcuni farmaci già in uso per altre patologie.
Sono attualmente in fase di valutazione, quanto a efficacia e sicurezza, diverse strategie farmacologiche che potrebbero in linea di principio prevenire l'ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule bersaglio.
Queste includono anticorpi neutralizzanti contro la proteina Spike del virus SARS-CoV-2, una forma ricombinante solubile dell'enzima di conversione dell'angiotensina ( ACE ) 2 - il recettore di SARS-CoV2 - e farmaci che inibiscono l'attività o l'espressione della proteasi transmembrana serina 2 ( TMPRSS2 ), necessaria alla scissione proteolitica della proteina Spike.

Sebbene gli inibitori di ACE2 e gli antagonisti del recettore dell'angiotensina ( ARB; sartani ) possano incrementare l'espressione del gene ACE2 - un effetto che aumenterebbe il numero di molecole recettoriali disponibili a mediare l'ingresso di SARS-CoV-2 nelle cellule -, non vi sono prove che questi farmaci, di uso comune, siano dannosi ( o benefici ) nei pazienti con COVID-19.
Pertanto, le persone con COVID-19 a cui siano stati prescritti inibitori ACE-inibitori o sartani per malattie cardiovascolari ( o per altre ragioni ), dovrebbero continuare ad usarli; inoltre, non è raccomandato l’impiego di questi farmaci al di fuori di studi clinici randomizzati ( RCT ).

Nelle fasi iniziali della pandemia, il Remdesivir era stato ritenuto un farmaco promettente per la terapia di COVID-19 in quanto in grado di inibire SARS-CoV-2 in vitro.
In un recente studio RCT in doppio cieco, si è somministrato Remdesivir per via endovenosa o placebo a 1.063 pazienti adulti ospedalizzati per COVID-19 con evidente coinvolgimento delle basse vie respiratorie: in questo studio, il Remdesivir è risultato superiore al placebo nel ridurre il tempo di recupero dei pazienti.
Sulla base di questi risultati l'Agenzia regolatoria statunitense. FDA ( Food and Drug Administration ), ha emesso una autorizzazione per l’uso in emergenza ( EUA ) con cui si permetteva l’uso del Remdesivir per il trattamento di adulti e bambini affetti da grave COVID-19; a questa, è seguita l'approvazione per l'uso in adulti e pazienti pediatrici che richiedessero il ricovero ospedaliero.
Tuttavia, i risultati preliminari dello studio SOLIDARITY, sponsorizzato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità,, hanno recentemente messo in discussione l’efficacia clinica del trattamento con Remdesivir, dimostrando che questo farmaco non riduce la mortalità intra-ospedaliera dei pazienti con COVID-19.
Sono stati pubblicati i risultati dello studio ACTT-2, seconda fase dello studio randomizzato ACTT-1, che mostrano la superiorità del trattamento a base di Remdesivir in combinazione con Baricitinib ( farmaco inibitore della Janus chinasi con effetti antinfiammatori ), rispetto al solo Remdesivir nel ridurre il tempo di recupero, accelerando il miglioramento dello stato clinico tra i pazienti con COVID-19.

In precedenza, la FDA aveva anche rilasciato un'autorizzazione per uso emergenziale che consentiva l'impiego temporaneo di Idrossiclorochina ( HCQ ) e Clorochina ( CQ ) durante la pandemia COVID-19 per il trattamento dei pazienti ospedalizzati, quando questi non potessero partecipare a studi clinici o in assenza di tali studi.
Questa decisione era basata in gran parte su considerazioni relative al meccanismo d’azione dei farmaci e su pressioni politiche.
Studi successivi di natura descrittiva e un numero limitato di studi RCT non hanno dimostrato l'efficacia clinica di questi farmaci antimalarici, mentre hanno confermato la loro tossicità cardiaca dose-dipendente.
Attualmente, le lineeguida dei National Institutes of Health ( NIH ), USA, raccomandano di non utilizzare la Clorochina o l'Idrossiclorochina per il trattamento di COVID-19, tranne che nell’ambito di studi clinici.

All'inizio della pandemia da SARS-CoV-2 si è sostenuto che i farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ), come l'Ibuprofene, potessero aggravare l'infezione mascherandone i sintomi. Tuttavia, a seguito di un attento esame delle prove sia l’OMS che l'EMA hanno ritirato questi avvisi.
Pertanto, i pazienti che soffrono di dolore cronico dovrebbero continuare ad assumere i FANS piuttosto che ricorrere agli oppiacei.

E’ anche stato proposto di limitare l'infiammazione tissutale associata al COVID-19 mediante l'inibizione del complemento: sono tuttavia necessari i risultati di studi RCT in corso per stabilire il potenziale terapeutico dell'inibizione di C3 o C5 per COVID-19, e per caratterizzare quali pazienti possano beneficiarne maggiormente.

Infine, una importante componente fisiopatologica di COVID-19 è l’alterazione della cascata della coagulazione e del sistema fibrinolitico.
In larga parte sulla base di studi osservazionali, la International Society on Thrombosis and Haemostasis ( ISTH ) ha suggerito di valutare il D-dimero, il tempo di protrombina e il conteggio delle piastrine in tutti i pazienti COVID-19.
La ISTH ha raccomandato inoltre che, a meno di controindicazioni, tutti i pazienti COVID-19 ricoverati in ospedale siano trattati con dosi profilattiche di Eparina a basso peso molecolare.
Sono attualmente in corso ulteriori studi RCT su diversi agenti antitrombotici, compresa l’Aspirina a basse dosi ( studio RECOVERY ).

Sperimentazioni cliniche condotte su numeri elevati di pazienti ospedalizzati in condizioni critiche, hanno recentemente evidenziato i benefici dei corticosteroidi nel trattamento di COVID-19: questi studi hanno mostrato una riduzione significativa della mortalità nei pazienti trattati con corticosteroidi rispetto a quelli curati con le sole terapie usuali.
Una meta-analisi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato l’utilità del Desametasone nei pazienti COVID-19 con gravi complicanze polmonari. ( Xagena_2020 )

Fonte: Accademia Nazionale dei Lincei, 2020

Xagena_Medicina_2020