Diabete mellito: terapia e sicurezza cardiovascolare
Gli obiettivi terapeutici per i pazienti con diabete mellito di tipo 2 comprendono: alleviare i sintomi acuti dell’iperglicemia e prevenire le complicanze associate al diabete.
I farmaci, approvati dall’FDA ( Food and Drug Administration ) nel trattamento del diabete, producono miglioramento della glicemia, misurata dai livelli del marker surrogato emoglobina glicata.
Il miglioramento della glicemia riduce la poliuria, la polidipsia, la polifagia, la visione offuscata, il malessere generale e le complicanze microvascolari, tra cui la retinopatia che porta alla cecità, la nefropatia che porta alla malattia renale terminale e alla dialisi, e la neuropatia periferica dolorosa.
Tuttavia, sebbene gli innalzamenti della glicemia siano associati ad un più elevato rischio di malattia cardiovascolare che rappresenta la principale causa di malattia e morte tra i pazienti con diabete, è stato difficile dimostrare che ridurre la glicemia mediante un trattamento farmacologico o una strategia terapeutica, sia associato ad un diretto beneficio cardiovascolare.
L’approvazione di nuove terapie sulla base della loro capacità di ridurre i livelli di emoglobina glicata, ha portato alla disponibilità di diverse classi di farmaci.
Per decenni, solo l’Insulina e le sulfoniluree, e per un breve periodo la Fenformina, sono state disponibili, ma dal 1995, sono state approvate dall’FDA 8 nuove classi di farmaci per il trattamento del diabete: Metformina, inibitori dell’alfa-glucosidasi, tiazolidinedioni, i glinidi, gli analoghi dell’amilina, gli inibitorti della DPP-IV, ed i sequestranti degli acidi biliari.
Sebbene il controllo metabolico sia risultato migliorato in una più alta proporzione di pazienti e la prevalenza di insufficienza renale terminale e di perdita di visione, associate al diabete, sia stata ridotta, il rischio cardiovascolare ed altri rischi nel lungo periodo, associati a molti di questi farmaci, rimangono scarsamente caratterizzati, rendendo difficile scegliere il trattamento ottimale.
Ultimamente è emerso che alcuni farmaci antidiabete potrebbero essere associati ad un aumento del rischio cardiovascolare.
Una meta-analisi di studi clinici sul Rosiglitazone ( Avandia ), un tiazolidinedione, ha evidenziato un aumento del rischio di ischemia miocardica ( odds ratio, OR=1.43 ), che ha alimentato il dibatttito sull’esigenza di inserire nel processo di autorizzazione alla commercializzazione per i farmaci per il diabete studi clinici di lungo periodo con outcome cardiovascolare.
Anche le sulfoniluree sono state associate ad un incremento del rischio cardiovascolare.
Gli studi clinici sono talora controversi, ad esempio lo studio ACCORD ha trovato che una strategia terapeutica, tesa ad abbassare la glicemia a livelli vicino al normale, è associata ad un’aumentata mortalità, ma non ha evidenziato effetti avversi cardiaci associati al Rosigitazone.
Al contrario, nessun cambiamento dell’incidenza di morte o di eventi cardiovascolari sono stati dimostrati nello studio ADVANCE.
Attualmente, gli studi clinici con outcome cardiovascolare non sono richiesti al momento dell’approvazione dei farmaci per il diabete.Si ritiene che condurre questi studi sia costoso e può richiedere diversi anni, ritardando l’approvazione o bloccando lo sviluppo di nuovi farmaci.
I costi inoltre aumenterebbero in misura rilevante.
Gli studi clinici potrebbero essere disegnati in modo da verificare l’associazione del farmaco ad un aumentato rischio cardiovascolare. ( Xagena_2008 )
Goldfine AB, N Engl J Med 2008; 359: 1092-1095
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XagenaFarmaci_2008