COVID: Veklury: Proprietà farmacodinamiche


Veklury ( Remdesivir ) è un antivirale per uso sistemico che è stato approvato dall'European Medicines Agency ( EMA ) per il trattamento della malattia da coronavirus 2019 ( COVID-19 ) negli adulti e negli adolescenti ( di età pari o superiore a 12 anni e peso pari ad almeno 40 kg ) con polmonite che richiede ossigenoterapia supplementare.

Meccanismo d’azione

Remdesivir è un profarmaco analogo nucleotidico dell’adenosina che viene metabolizzato nelle cellule ospiti per formare il metabolita trifosfato nucleosidico farmacologicamente attivo.
Remdesivir trifosfato agisce come un analogo dell’adenosina trifosfato ( ATP ) e compete con il substrato naturale dell’ATP per l’incorporazione nelle catene di RNA nascente da parte della RNA-polimerasi RNA-dipendente del virus SARS-CoV-2, causando la terminazione della catena ritardata durante la replicazione dell’RNA virale.

Attività antivirale

Remdesivir ha mostrato un’attività in vitro contro un isolato clinico di SARS-CoV-2 nelle cellule primarie dell’epitelio respiratorio umano con una concentrazione efficace al 50% ( EC50 ) pari a 9.9 nM dopo 48 ore di trattamento.
L’EC50 di Remdesivir rispetto a SARS-CoV-2 nelle cellule Vero è stata pari a 137 nM e 750 nM rispettivamente 24 e 48 ore dopo il trattamento.

L’attività antivirale di Remdesivir è stata antagonizzata dalla Clorochina fosfato in maniera dose-dipendente quando i due farmaci sono stati co-incubati a concentrazioni clinicamente rilevanti in cellule HEp-2 infette da virus respiratorio sinciziale ( RSV ).
Valori maggiori di EC50 di Remdesivir sono stati osservati con l’aumento delle concentrazioni di Clorochina fosfato. L’aumento delle concentrazioni di Clorochina fosfato ha ridotto la formazione di Remdesivir trifosfato in cellule epiteliali bronchiali umane normali.

Resistenza

La profilazione della resistenza in coltura cellulare eseguita utilizzando il coronavirus ( CoV ) dei roditori, noto come virus dell’epatite murina, ha identificato 2 sostituzioni ( F476L e V553L ) nella RNA-polimerasi RNA-dipendente virale in corrispondenza di residui conservati dei CoV che hanno determinato una riduzione ( di 5.6 volte ) della sensibilità a Remdesivir.
L’introduzione delle sostituzioni corrispondenti ( F480L e V557L ) nel SARS-CoV ha ridotto la sensibilità alla coltura cellulare di Remdesivir di 6 volte e attenuato la patogenesi del SARS-CoV in un modello murino.

Lo sviluppo della resistenza a Remdesivir da parte di SARS-CoV-2 in colture cellulari non è stato valutato finora.
Non ci sono dati clinici disponibili sullo sviluppo di resistenza a Remdesivir da parte di SARS-CoV-2.

Efficacia e sicurezza clinica

Studio NIAID ACTT-1 ( CO-US-540-5776 ) - Uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo ha valutato 200 mg di Remdesivir una volta al giorno per 1 giorno seguiti da 100 mg di Remdesivir una volta al giorno fino a un massimo di 9 giorni ( per un totale massimo di 10 giorni di terapia per via endovenosa ) in pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 ed evidenza di coinvolgimento del tratto respiratorio inferiore.
Lo studio ha arruolato 1.063 pazienti ospedalizzati: 120 ( 11.3% ) pazienti con malattia lieve / moderata ( definita da SpO2 [ saturazione di ossigeno ] maggiore di 94% e frequenza respiratoria minore di 24 respiri/min senza ossigenoterapia supplementare ) e 943 ( 88.7% ) pazienti con malattia in forma grave ( definita da SpO2 minore o uguale a 94% in aria ambiente o frequenza respiratoria maggiore o uguale a 24 respiri/min e richiedenti ossigenoterapia supplementare o supporto ventilatorio ).
I pazienti, stratificati in base alla gravità della malattia al momento dell’arruolamento, sono stati randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere Remdesivir ( n=541 ) oppure placebo ( n=522 ), in aggiunta allo standard di cura.
L’età media al basale era di 59 anni e il 36% dei pazienti era di età pari o superiore a 65 anni. I pazienti erano per il 64% di sesso maschile, per il 53% bianchi, per il 21% neri e per il 13% asiatici.
Le comorbidità più comuni erano ipertensione ( 49.6% ), obesità ( 37.0% ), diabete mellito di tipo 2 ( 29.7% ) e malattia coronarica ( 11.6% ).
Circa il 33% (180/541) dei pazienti ha ricevuto un ciclo di trattamento di 10 giorni con Remdesivir.

L’endpoint clinico primario era il tempo alla guarigione entro 28 giorni dalla randomizzazione.
Sono stati considerati guariti i pazienti dimessi dall’ospedale ( con o senza limitazioni dell’attività e con o senza necessità di ossigenoterapia domiciliare ) o ancora ricoverati ma che non avevano bisogno di ossigenoterapia supplementare e non necessitavano più di assistenza medica continuativa.

In una analisi condotta dopo aver seguito tutti i pazienti per 14 giorni, il tempo mediano al recupero nella popolazione complessiva è stato di 11 giorni nel gruppo trattato con Remdesivir e di 15 giorni nel gruppo placebo ( rapporto tra i tassi di recupero 1.32; [ IC al 95% da 1.12 a 1.55 ]; p inferiore a 0.001 ).

L’esito ha mostrato differenze significative tra i due strati. Nello strato con malattia in forma grave, il tempo al recupero è stato di 12 giorni nel gruppo trattato con Remdesivir e di 18 giorni nel gruppo placebo ( rapporto tra i tassi di recupero 1.37; [ IC al 95% da 1.15 a 1.63] ).
Per lo strato con malattia lieve / moderata, il tempo al recupero non ha mostrato differenze tra i due gruppi ( 5 giorni per Remdesivir e placebo ).
Non è stata osservata alcuna differenza in termini di efficacia nei pazienti randomizzati nei primi 10 giorni dopo l’insorgenza dei sintomi rispetto ai pazienti che presentavano sintomi da più di 10 giorni.
Il beneficio clinico di Remdesivir è stato più marcato nei pazienti che hanno ricevuto ossigenoterapia, ma senza supporto ventilatorio, al giorno 1 ( rapporto tra tassi di recupero 1.47 [ IC al 95%, da 1.17 a 1.84 ] ).
Per i pazienti che hanno ricevuto ventilazione meccanica o ECMO il giorno 1, non è stata osservata alcuna differenza nel tasso di recupero tra i gruppi di trattamento ( 0.95 [ IC al 95%, da 0.64 a 1.42 ] ).

Gli attuali dati pre-clinici e clinici non indicano un rischio di prolungamento dell’intervallo QT; tuttavia, il prolungamento dell’intervallo QT non è stato valutato appieno negli esseri umani. ( Xagena_2020 )

Fonte: EMA, 2020

Xagena_Medicina_2020