Prostanoidi nell’ischemia critica degli arti inferiori
I prostanoidi rappresentano attualmente i farmaci di prima scelta nell’ischemia critica degli arti inferiori ( ICAI ) inoperabile e ad alto rischio di perdita di arto. Questi farmaci, che hanno dato luogo al più grande numero di studi su ICAI negli ultimi 15 anni, inizialmente hanno dato risultati spettacolari e incoraggianti su casistiche limitate, mentre studi controllati successivi hanno parzialmente mitigato l’ottimismo iniziale.
La dissonanza rilevata tra i diversi risultati di letteratura può probabilmente essere attribuita alla maggiore o minore precocità con cui viene posta la diagnosi di ischemia critica, oltre che alla tempestività con cui la terapia è instaurata. In aggiunta, vi è da sottolineare che poiché la potente azione dei prostanoidi si svolge esclusivamente a livello microcircolatorio, il loro impiego risulta tanto più efficace, quanto minore risulta il grado di deterioramento della riserva microvascolare cutanea nell’arto sintomatico.
I prostanoidi maggiormente usati sono stati Prostaglandina ( PGE1 ), Prostaciclina naturale ( PGI2 ) e la Prostaciclina stabile di natura sintetica ( Iloprost ).
Poiché la Prostaciclina naturale, impiegata nei primi studi sull’ischemia critica degli arti inferiori, ha un’emivita di pochi minuti, attualmente sono impiegati esclusivamente dei derivati di sintesi, come Iloprost, ad azione prolungata, con i quali sono state realizzate in Europa le maggiori esperienze nell’ischemia critica degli arti inferiori.
Una meta-analisi di studi randomizzati e controllati versus placebo in pazienti al III e IV stadio di Fontaine trattati con diversa terapia farmacologica ( Ancrod, Naftidrofurile, PGI2, PGE1, Iloprost ) ha documentato un beneficio clinico caratterizzato dalla riduzione di dolore a riposo e guarigione di ulcere trofiche, mentre, nell’analisi di endpoint finali costituiti da tassi di amputazione maggiore e di mortalità nel lungo periodo, soltanto il trattamento con Iloprost ha mostrato superiorità di effetti favorevoli statisticamente significativi.
Prostaglandina
PGE1 ( Alprostadil ) fu impiegato nei primi studi clinici per via intrarteriosa, allo scopo di evitare la sua rapida inattivazione polmonare, mentre successivamente fu utilizzato in pazienti al III stadio di Fontaine tramite accesso endovenoso e confrontato con Pentossifillina, che tuttavia non può essere considerata una terapia attiva di riferimento.
Alstaedt et al. in uno studio randomizzato controllato, in aperto, relativo a 228 pazienti con ulcere trofiche, con e senza diabete mellito, dimostrarono una responsività complessiva ( assenza di dolore ischemico e guarigione delle ulcere trofiche ) di PGE1, confrontata con Iloprost, di grado minore ( 43.1% vs 52.7% ). In ICAI sottoposta a PGE1 la responsività dei diabetici, rispetto ai non-diabetici, apparve significativamente minore ( 36% vs 53% ), mentre la risposta fu analoga nei sottogruppi di ICAI trattati con Iloprost ( 53% vs 51% ).
Nel follow-up a 6 mesi la percentuale di pazienti sopravvissuti e con arto integro risultò uguale ( 62% ) nei due gruppi, mentre I soggetti sottoposti a terapia con PGE1 mostrarono, rispetto ai trattati con Iloprost, un tasso di amputazione lievemente minore ( 27% vs 32% ) contro quello di mortalità nettamente più alto ( 14.6% vs 7.5% ).
Nello studio italiano ICAI multicentrico, controllato e randomizzato, condotto in aperto su 1.560 pazienti trattati con Alprostadil o con terapia convenzionale ( per un periodo massimo di 28 giorni ) si dimostrò come la terapia con Alprostadil avesse significativamente ridotto l’incidenza di gravi sovraggiunti eventi cardiovascolari ( mortalità, amputazioni maggiori, infarto miocardico, ictus e persistenza di ischemia critica ), al momento della dimissione ospedaliera, rispetto al gruppo di controllo ( 63.9% vs 73.6%, rispettivamente, con rischio relativo di 0.87, p<0.001 ), anche se tale beneficio tendeva ad annullarsi nel corso del rimanente follow-up a 6 mesi ( 52.6% vs 57.5%, rispettivamente, con rischio relativo di 0.92, p<0.074 ).
Iloprost
Iloprost costituisce l’analogo stabile di sintesi della prostaciclina PGI2, dotato, in vitro, di potente azione antiaggregante piastrinica ( aumento di formazione di AMPc intrapiastrinico mediato dall’attivazione dell’adenilciclasi ) e vasodilatante, prevalente sul distretto arterioso, da attribuire soprattutto all’aumento dei livelli di AMPc nelle cellule muscolari lisce vasali e, in parte, ad altri meccanismi ( riduzione della risposta vasocostrittrice al trombossano A2 e interazione con la neurotrasmissione simpatica, sia pre- sia postsinaptica, della muscolatura liscia vasale ).
Recenti lavori sperimentali su modello corneale murino, inoltre, hanno dimostrato in vivo il ruolo angiogenetico di Iloprost, mediato dall’induzione del fattore di crescita vascolare endoteliale ( e fortemente ridotto dall’inibizione di VEGF ) e modulato dall’attivazione specifica di recettori localizzati nel nucleo cellulare.
L’utilizzazione nella pratica clinica di Iloprost nei pazienti con ischemia critica degli arti inferiori parte, pertanto, dall’ipotesi che la sua azione a livello microcircolatorio blocchi l’interazione tra piastrine e endotelio danneggiato, determinando il miglioramento del flusso ematico e il ripristino dell’equilibrio fisiologico tra prostanoidi endogeni, soprattutto prostaciclina e trombossano.
Inizialmente l’efficacia di Iloprost fu favorevolmente testata in sei studi prospettici, multicentrici, randomizzati e in doppio cieco, condotti in diversi Paesi europei nei primi anni ’90 ed effettuati su un insieme di 705 pazienti ICAI, al III e IV stadio di Fontaine, non riva scolarizzabili chirurgicamente e trattati con cicli di terapia variati da 2 a 4 settimane consecutive al dosaggio di 0.5-2 ng/kg/min per 6 ore consecutive/die.
La meta-analisi dei risultati dei 6 studi sostanziò una significativa percentuale di responder a Iloprost rispetto ai pazienti trattati convenzionalmente ( 51.5% vs 29.1% ), mostrando contestualmente una significativa riduzione del dolore ischemico ( odds ratio, OR=1.58 ) e un incremento di almeno il 30% di guarigione delle ulcere trofiche ( OR= 2.48 ).
In aggiunta, la meta-analisi di 3 studi con follow-up completato a 3 ( studio francese ) e 6 mesi ( studi inglese e svedese ) mostrò, inoltre, una significativa riduzione del tasso di amputazione maggiore dell’arto ischemico a favore di Iloprost ( p<0.001 ).
Nei due studi con follow-up a 6 mesi, infine, si osservò una significativa riduzione della prevalenza di endpoint combinato ( dei tassi di amputazioni maggiori e di mortalità ) nel gruppo trattato con Iloprost ( 35%; n=45/130 ), rispetto a quello trattato con placebo ( 55%; n=68/124 ), dimostrando definitivamente come l’uso di Iloprost, nel paziente ICAI, fosse significativamente associato ( p<0.001 ) ad una più elevata probabilità di sopravvivenza e con i propri arti ancora integri.
Tali sperimentazioni indussero gli autori ad abbandonare, negli studi controllati ed effettuati negli anni successivi, l’uso del placebo per motivi etici, limitando il confronto vs Iloprost alla terapia medica convenzionale o ad altra classe di prostanoidi, come PGE1, oppure misurando, in aperto, l’efficacia e la tollerabilità di Iloprost mediante valutazione nel follow-up a distanza di endpoint duri, rappresentati dai tassi di amputazione maggiore, di mortalità e di gravi complicanze cardiovascolari.
Il GISAP Study, studio multicentrico italiano6 effettuato nel 1994 e relativo a 146 ICAI trattati per 3-8 settimane alla dose massima tollerata di 2 ng/kg/min per 6 ore consecutive, mostrò, ad 1 anno di follow-up, tassi complessivi di amputazioni, maggiori e minori ( 19.9% ) e di mortalità ( 6.8% ), concentrati, in misura di due terzi, sul totale delle amputazioni e, di circa metà, sul totale dei decessi, entro il primo mese dal trattamento farmacologico.
Nel GISAP Study, infine, la distribuzione degli eventi risultò ben bilanciata tra pazienti diabetici e non diabetici con ischemia critica degli arti inferiori, con un tasso di amputazione significativamente più elevato al IV stadio ( 26% ) rispetto al III ( 6.5% ).
La Consensus Europea sull’ischemia critica aveva mostrato, viceversa, dopo 1 anno di follow-up, una percentuale di ICAI sopravvissuti e con arti ancora integri nel solo 55% dei casi, associati ad un altro 25% di amputazioni maggiori e un rimanente 20% di exitus.
Nello studio tedesco del 1993 di Alstaedt et al., il sottogruppo di pazienti con ischemia critica degli arti inferiori, di natura diabetica, trattato con Iloprost, dimostrò una percentuale di responder significativamente più elevata di quelli trattati con PGE1 ( 53% vs 36.6%, p<0.05 ).
Lo studio tedesco di Staben e Albring, in aperto, effettuato nel 1996 e relativo a 900 pazienti ICAI al IIIe IV stadio di Fontaine, dimostrò il rapporto inverso esistente tra maggior efficacia del trattamento con prostanoidi e grado minore di compromissione microcircolatoria, espressa dallo stadio clinico di appartenenza dei pazienti. Infatti, nell’ ischemia critica degli arti inferiori di natura non-diabetica, la percentuale complessiva di responder a Iloprost fu del 66% allo stadio III e del 41.8% nello stadio IV di Fontaine, mentre nella ICAI diabetica le percentuali furono di 75.9% e di 44.6% al III e IV stadio, rispettivamente, con un’efficacia, quindi, del trattamento con Iloprost sostanzialmente sovrapponibile sia nei soggetti non-diabetici sia diabetici.
Nel DAWID Study Group, ulteriore studio tedesco di 302 pazienti ICAI, suddivisi in 4 sottogruppi, sottoposti, rispettivamente, a trattamento con dosaggi crescenti di Iloprost ( 25, 50, 100 e 200 mg/die per 4 settimane ), si dimostrò, invece, come l’effetto favorevole della terapia, monitorata attraverso scomparsa di dolore a riposo e miglioramento di lesioni trofiche, attestatosi complessivamente tra 48.7% e 53.5%, non fosse dose-dipendente, e come il dosaggio ridotto a 50 mg avesse la stessa efficacia di quello massimo titolabile, con il consistente vantaggio di ridurre sensibilmente gli spiacevoli e frequenti effetti collaterali del farmaco ( cefalea, rush cutanei, nausea, diarrea, ecc. ) dovuti alla sua potente azione vasodilatatoria.
Infine, la responsività alla terapia ( espressa contestualmente dalla sensibile riduzione o scomparsa di dolore ischemico, dal miglioramento delle lesioni trofiche e dall’incremento del percorso di marcia ) si attestò al 47%, nello studio francese del 2000 di Duthois et al., relativo a 90 ICAI trattati con Iloprost per 28 giorni consecutivi. In tale lavoro la valutazione clinica dopo 6 mesi, 1 e 2 anni di follow-up documentò un tasso di mortalità rispettivamente di 11, 20 e 25% e uno di amputazioni maggiori di 27, 30 e 32%, con una percentuale complessivamente decrescente di pazienti vivi e con arti integri, variata da 68 a 62 a 56% nei medesimi periodi di tempo.
Anche in questo studio non si evidenziarono differenze significative, nel confronto a 6 mesi, tra ICAI diabetici e ICAI non-diabetici in relazione, rispettivamente, alle percentuali di mortalità ( 12% vs 10% ), di amputazioni maggiori ( 23 vs 35% ) o di pazienti vivi e con arti integri ( 70% vs 65% ).
In conclusione, il trattamento farmacologico con prostanoidi deve essere considerato di elezione nei pazienti con rischio di perdita di arto, in cui le procedure di rivascolarizzazione risultino impossibili, abbiano poca possibilità di successo o siano precedentemente fallite e, in particolare, quando l’unica alternativa sia l’amputazione.
Va sottolineato, comunque, che per sfruttare a fondo la grande potenzialità di questi farmaci occorre sollecitarne l’impiego soprattutto nelle fasi iniziali dell’ischemia critica ( dolore a riposo, lesioni trofiche limitate ) o nei casi in cui l’ischemia critica degli arti inferiori risulti non immediatamente rivascolarizzabile ( per le scarse possibilità di successo dell’intervento di riabitazione vascolare, per le scadute condizioni generali e/o l’età avanzata del paziente o comunque nelle situazioni in cui le procedure chirurgiche e/o endovascolari possano essere procrastinate senza ulteriori danni per il paziente ). ( Xagena_2006 )
Melillo E et al, G Ital Cardiol 2006; 7: 317-335
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